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Nei panni di mia moglie

"Nei panni di mia moglie" pubblicato da Editrice Nuovi Autori

Imago mortis - un'esca per la regina nera

"IMMAGO MORTIS- un'esca per la regina nera" pubblicato da Il Filo


Amante - Un'accadimento inatteso

di Andrea Saviano


Questa è una storia, questa è la mia storia, l'ing. Savona di professione faccio l'industriale.

Era il 12 maggio, una strana giornata di primavera calda e quasi afosa, una di quelle giornate che nei pensieri di molti avrebbe suggerito la parola: estate.

Il sole era altissimo in cielo.

Quasi fossero meridiane naturali, le ombre cortissime a terra, segnavano le 13:00.

Sulla città gran caldo e umidità, in un solo e detestato termine: afa. Una cappa micidiale d'aria soffocante che, a dispetto della temperatura elevata che la caratterizzava, congelava ogni evento, mantenendo la vita nelle strade in uno stato d'immobile sospensione.

Nel mio ufficio il climatizzatore trasformava la vista dalla finestra in un irreale quadro fatto di un semplicissimo, quanto spettacolare, cielo offuscato. Un insieme composto da un azzurro intenso velato, purtroppo, da un'opalescente e umettata caligine. Senza quella foschia, segno visibile dell'alto tasso d'umidità presente, quel cielo sarebbe stato una meraviglia. Così opaco, invece, manifestava solo il notevole senso di disagio che, uscire a quell'ora, avrebbe sicuramente procurato.

Pochi pensieri: tutti relativi alla villeggiatura e al fine settimana. Il venerdì, per me, era sempre stato un giorno fatto più d'aspettative che di reale vita vissuta.

Con il cervello, avvolto e sedotto da quei pensieri, la porta del mio ufficio si parava davanti ai miei occhi come lo spiraglio a un possibile, quanto sospirato, perdurante momento di svago. Una ridda di tempo a mia completa disposizione per mantenere a debita distanza gli affanni di una vita piena d'impegni, clienti e lavoro.

Una sola parola ormai capeggiava solitaria nella mia mente: mare! Persino la tremenda calura che m'aspettava all'esterno era nulla rispetto all'agognare le 14:00, stupendo orario! Istante di quella giornata che m'avrebbe reso finalmente liberi corpo e cervello.

Una "libertà provvisoria", della durata del solo week-end, ma, pur sempre, la libertà dalla schiavitù del lavoro e dagli affanni connessi a questo stato. In uno strano gioco di parole, pensai al termine "libera professione". Indubbiamente la cosa aveva i suoi vantaggi, ma anche i suoi bei svantaggi: non c'è peggior padrone di se stessi!

Continuavo a fissare quella porta. Ecco, nei miei pensieri la porta s'apriva e io, volando, finalmente uscivo.

Nella mia mente le note di "Nel blu dipinto di blu": « Credo che un sogno così non ritorni mai più, mi dipingevo le mani e la faccia di blu, poi venivo da un vento improvviso rapito e mi ritrovavo a volare nel cielo infinito... »

Come stavo fantasticando da alcuni minuti, quasi per magia o come in preda ad un'allucinazione, la porta si stava dischiudendo, ma non per farmi uscire, ben più semplicemente, per permettere ad una donna d'entrare.

Fissai quella persona estranea con attenzione e curiosità.

Doveva avere circa trent'anni, statura media, capelli castani, un po' sformata dall'età; insomma una donna come tante altre, niente di speciale, salvo una gran voglia di vivere che, almeno in quel momento, trapelava evidente dal suo sguardo.

Oltre allo sguardo deciso e vivo di quegli occhi, seminascosti dall'oscuro velo d'un paio di lenti fotocromatiche, mi colpì molto quel suo fare decisamente un po' scoordinato. Tutto l'insieme, postura e incedere, le conferivano l'aria di una persona un po' imbranata.

Riflettei un attimo e pensai che quell'essere impacciata poteva dipendere, più semplicemente, dal disagio che le provocava l'essere di fronte ad una persona sconosciuta.

Forse per lo stato trasognante che m'aveva appena posseduto, non diedi molta bada alle sue parole, quasi lei si trattasse di un semplice miraggio. Un ologramma creato dalla mia stressata immaginazione. Un susseguirsi d'immagini in un televisore in cui qualcuno aveva tolto l'audio.

Rapito lontano dai miei trasognanti pensieri d'agognato relax, il mio sguardo tornò in un attimo fuori della finestra, perdendosi nuovamente in quell'immenso cielo azzurro che mi stava chiamando seducente con il suo: vieni da me, ti sto aspettando!

Nella mia mente ora risuonavano chiare e forti le note di "Il cielo in una stanza": « Quando sei qui con me, questa stanza non ha più pareti, ma alberi, infiniti alberi... » Volavo, nuovamente ero intento in quelle mie trasvolate pindariche tra svettanti montagne di dolci sogni e appaganti desideri.

Fu un appellativo a riportare bruscamente i miei piedi per terra, quasi fosse lo strattone d'un guinzaglio che richiama un cane al percorso voluto dal padrone.

« Buongiorno. Mi scusi, cerco l'ingegner Savona. »

Nel mio cervello l'equazione: ingegnere = lavoro, provocò uno stato di choc e il mio conseguente brusco risveglio.

Tornai a pensieri meno trascendentali e più banali. La cadenza con cui quelle parole erano state scandite era tipicamente piemontese e il mio cervello, assetato di facezie, aggiunse automaticamente a quella frase un: o basta là!

« Sì, sono io! Mi dica pure signora » poi aggiunsi, con tono forse un po' allusivo « o signorina? » Pur sapendo che signorina non si usa più.

« Signora! Sono qui per quell'annuncio apparso sul giornale la scorsa settimana e relativo alla ricerca di un collaboratore in ragioneria generale. »

Quel modo brusco di dirmi che era sposata, mi fece riflettere: non ritenni che il motivo di un atteggiamento tanto riottoso nei miei confronti fosse insito nel tipo di quesito posto, non mi pareva d'aver lasciato intuire alcunché di subdolo.

Piuttosto quel tono sembrava voler manifestare il disagio che quella posizione di donna coniugata le stesse procurando, quasi che il termine sposata equivalesse a dire: disagio nella vita privata di tutti i giorni.

« Ricordo. Ha con sé un curriculum vitae? Lei è diplomata ragioniera o laureata in economia e commercio. »

« Certamente! Eccolo. Sono diplomata in ragioneria. »

Il gesto del consegnarmelo fu molto naturale e delicato. Probabilmente l'esserci parlati le aveva permesso di perdere quell'aurea d'imbarazzo che, poco prima, aveva caratterizzato i suoi movimenti. Ora i suoi gesti apparivano meno contratti e molto più naturali. In poche parole, il ghiaccio tra noi due era stato rotto.

Che assurdità parlare di freddo in una giornata così insolitamente torrida!

Troppe divagazioni estemporanee nel mio cervello; tornai, sforzandomi, ad essere professionale.

Una rapida scorsa ai punti principali del suo cursus lavorativo per aver conferma che la preparazione e l'esperienza fossero quelle che cercavo.

« Noto, con piacere, dal curriculum che lei ha dato anche l'esame di stato per l'abilitazione alla professione di commercialista ed ha sviluppato una notevole esperienza in questi anni sia come fiscalista, sia come consulente del lavoro; per il resto, lei è sposata, lo sa che spesso dovrà fare tardi e, qualche volta, venire in viaggio di lavoro con me, anche per periodi discretamente lunghi, come qualche decina di giorni. Questo non le costituisce un problema in ambito familiare? »

« No, bene o male mio marito sapeva quale attività intendessi esercitare nella mia vita. »

Un tono rabbioso accompagnò questa banale frase.

« Dopotutto gli studi che ho svolto li ho fatti per mia libera scelta nonché per propensione naturale. Almeno, da parte mia, nessun problema! Chiedo solo d'essere sempre preavvisata per tempo. »

« Mi sembra una cosa corretta ed ovvia sul piano professionale, per cui la mia risposta non può essere altro che: naturalmente. »

Non so cosa mi stesse colpendo di lei. Nonostante l'aria dozzinale, la faccia acqua e sapone, l'aspetto sfiorito e quant'altro... aveva indubbiamente qualcosa d'attraente. Mi chiesi come mai stessi provando queste sensazioni a dispetto che l'insieme di quella donna non avesse nulla di particolare. Era la prima volta in vita mia che stavo provando qualcosa di simile.

Si trattava forse di un colpo di fulmine?

Rapidamente riesaminai, riavvolgendo il nastro della mia vita di qualche minuto, come e con cosa lei poteva aver sedotto il mio cuore? Forse la voce sempre pacata, magari alle orecchie di qualcun altro monotona, ma alle mie, ora, ricordava molto una persona conosciuta in gioventù. Qualcuna per cui avevo provato un particolare trasporto.

« Come si può evincere dal mio curriculum ho famiglia, intendo un figlio, oltre a un marito. Nonostante sia già svezzato, lui costituisce l'unico mio vero ed effettivo problema per orari e quant'altro. Se non ha ulteriori domande da pormi, io me ne andrei. »

« Certamente, ho il suo numero di fisso e di mobile, per cui, nel caso mi servissero ulteriori informazioni, posso facilmente contattarla. Per il resto le farò sapere. »

Avevo concluso quel dialogo con la più scontata delle frasi di chiusura, volta semplicemente a prendere tempo e tipica dei colloqui di lavoro, ma quella donna molto probabilmente sarebbe divenuta la mia contabile, anzi lo sarebbe diventata indubbiamente.

« Allora a risentirci, spero » tacqui un attimo, poi soggiunsi « e buongiorno! » Fissai a lungo le righe relative all'anagrafe del suo curriculum: nome, cognome, indirizzo e… numero di telefono, appunto. Lo sguardo tornò alla porta, nuovamente chiusa. Tornata ad ergersi invalicabile come una diga, un setto frapposto tra me e la libertà.

La fissai. Come un'ombra il mio nome e il mio titolo che, dal mio lato, leggevo al contrario. Nella mia mente, incredibilmente indelebile, l'immagine di lei. Era entrata solo un attimo prima nella mia vita ed ora s'era piantata peggio di un chiodo nei miei pensieri. Estrassi dalla tasca il mio cellulare, attivai la rubrica ed aggiunsi quel numero, quindi lo fissai con il desiderio d'effettuare una chiamata.

CONTINUA